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Arrigo Cipriani: una clamorosa intervista controcorrente

“Gli chef stanno rovinando la grande cucina italiana”. Ma è vero?

Ha suscitato molto scalpore un’intervista rilasciata da Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar di Venezia, al bravo giornalista Aldo Cazzullo del “Corriere della Sera”. Cosa ha detto, in breve, l’ottantacinquenne Cipriani? Che la vera cucina italiana è nelle trattorie. E che da sempre lui è contro le stelle regalate dalla “guida dei copertoni” e contro il narcisismo degli chef. Questi ultimi dovrebbero restare in cucina. In sintesi, il titolo del servizio tuona: “Gli chef stanno rovinando la grande cucina italiana. Da me lavorano solo cuochi”. L’Accademia non ha mai amato la parola “chef”, che al più si addice al “capo” della brigata della cucina, ma qui il discorso nasconde ben altri problemi. Lasciamo un attimo da parte la gloriosa storia di questo mitico locale a due passi da Piazza San Marco. Ormai è stranoto che fu fondato nel 1931 dal padre Giuseppe e che, negli anni, ha visto, come clienti abituali, celebrità quali Hemingway, Orson Welles, Liz Taylor con Richard Burton, Onassis, Agnelli e molti altri. Oggi la Cipriani SA impiega 400 cuochi in 26 ristoranti nel mondo. E Arrigo, conoscitore insuperabile delle cose, si può permettere di essere contro Marchesi (iniziatore della decadenza), Cracco (da lui si mangia male), Cannavacciuolo (ha scritto più libri di Proust), Bottura (piuttosto pesante), Vissani (anche se è simpatico). In precedenza, se l’era presa con MasterChef, con i piatti rettangolari, lunghi, storti e le forchette grosse e di forma strana. Odia anche i menu degustazione che obbligano a mangiare quello che vuole lo chef. Sempre secondo il “Cipriani pensiero”, la cucina italiana è diventata la brutta copia di quella francese. E la ristorazione di oggi, grazie a questi chef stellati, sta andando in un luogo senza anima. I loro piatti vogliono solo mostrare la bravura di chi li ha fatti. In buona sostanza, una serie di sentimenti che guizzano nelle menti di molti appassionati di cucina italiana. Finalmente uno che parla chiaro! È, tuttavia, anche un passo indietro di più di 50 anni, quando il padrone riceveva i clienti e stava alla cassa e i cuochi stazionavano zitti in cucina a fare il loro oscuro lavoro. Con buona pace della rivoluzione epocale di Paul Bocuse. Azzerata! Ma oggi come si mangia all’Harry’s Bar, il locale storico di Calle Vallaresso, 1323? È bistrattato da TripAdvisor: su oltre 1.900 recensioni, più di un terzo ne dà un giudizio scarso o addirittura pessimo, una vera stangata! La guida dell’“Espresso” cita il locale senza però assegnare alcun punteggio e racconta: “L’Harry’s Bar è più di un ristorante, è un luogo dell’immaginario collettivo. Immutati nel tempo l’atmosfera festosa, lo sciame di camerieri e la cucina che ripropone i piatti che ne hanno fatto la storia: carpaccio, tagliolini gratinati, fegato alla veneziana. Con due portate e un dessert si superano i 150 Euro”. La Guida dei copertoni (Michelin) non lo cita e la Guida dell’Accademia gli assegna tre Tempietti. L’atmosfera è impagabile, si respira il mito, un Bellini al bar è una sosta immancabile. L’uomo rappresenta la storia di Venezia, un monumento alla vecchia tradizione nobiliare veneziana. Non si giudica solo con il palato questo luogo unico, sempre al completo, quasi magico; non ci si deve stupire per i prezzi alti (ce ne sono di molto più alti a Venezia). Si cambia il metro di giudizio, si cambia passo. I giudizi dati da Arrigo Cipriani sono parte integrante del carattere dell’uomo e comunque, a torto o a ragione, nascono dallo sconfinato amore che ha per il proprio lavoro e per la propria città.


Paolo Petroni
Presidente dell'Accademia

Giugno 2017